Tuesday, August 16, 2005
Le notti dopo S. Lorenzo
Il paese reale e i suoi veri desideri - Davide Rondoni - Annenire, 11 agosto 2005
Cosa abbiamo chiesto al cielo stanotte? Abbiamo tirato la testa indietro e su davanzali, viottoli sul mare o piazze italiane, abbiamo fissato un cielo diffuso di miriadi di stelle. Le scie cadenti che desideri hanno mosso? Credo che nel silenzio di un attimo, in mezzo ai rumori dell'estate, i connazionali abbiano espresso desideri profondi.
Certo, non sono mancate le richieste di beccare un sei o qualche altra combinazione vincente per diventare milionari. O auspici per il calo delle tasse. Ma se mai si potesse fare un sondaggio dei desideri muti sotto la volta stellata (e per fortuna almeno questo sondaggio non si può fare) si vedrebbe che quei desideri puntano al sodo. Che non è il denaro, o la fama, ma l'eterno. Una geniale storia della parola "desiderio" la lega alle stelle,
de-sidera. Come se qualcosa ci legasse sempre a quello spettacolo taciturno e imperioso. Il desiderio è sentirsi tirati là, in quella sperduta altezza. Per la tradizione il fenomeno delle stelle cadenti è legato al mistero della morte e della fine. Sotto le stelle chiediamo che non finiscano certi amori.
E Giovanni Pascoli, com'è noto, ritrasse contro il cielo piangente di san Lorenzo la scomparsa improvvisa e tragica del padre. Aveva nelle orecchie, il poeta della Romagna sospesa tra il delirio di vasti cieli, un proverbio di quelle parti che dice: quando una stella cade un'anima sale in cielo. E noi, dunque, che anime abbiamo desiderato siano là, nel "per sempre"? Quelle dei cari, certo. E poi quelle rese care, per così dire, dalle notizie che ci hanno colpito quest'anno. Forse, lievi, prima abbiamo affidato quelle dei piccoli che hanno trovato la morte nelle mani delle loro madri, grandi sciagurate. Poi quelle degli italiani perduti dentro a stragi in cui non c'entravano niente, all'estero per lavoro o per turismo. E poi l'anima di ragazzini fermati nel fuoco incrociato all'interno del rione. E di quelli prede di assassini truccati da demoni. E così, allargando a dismisura il cerchio, abbiamo compreso tutti coloro che ci hanno lasciato quest'anno - ognuno pensando ai suoi, e a chi gli veniva in mente. Formando per una notte una strana Italia dei vivi e dei morti contro la volta stellata.
Ma di questo Paese reale e stellare, chi si occupa davvero? Di un tale desiderio che non finisca la vita, chi si prende cura? In questi giorni si parla molto, sui giornali, di lotte di potere, palesi e occulte. E della salute del Paese. Un tempo, la sanità di una nazione si valutava anche dal rapporto che aveva coi suoi morti, eroi o no. Con il senso dell'eterno.
Ora i parametri sono altri. La credibilità dicono si giochi intorno a faccende di banche, di finanza. Con gran sciupìo di parole vuote e di ipocrisie. Uno spettacolo rivoltante. Come se l'Italia fosse solo questa piccola giostra di padroni e padroncini, e di salotti in città o vista spiaggia. A ritrarci così - dentro e fuori i confini - concorre un mondo dei media invaso da chiacchiera e scandalismo. Che si tratti della sorte della Banca d'Italia o delle feste a Cala di Volpe, tutto si perde in uno sminuzzamento, in poltiglia. In un'ansia da polemicuzza a cui dan fiato esponenti d'ogni risma, pur con ruoli diversi: giornalisti, politici, imprenditori, magistrati. Ho il sospetto che mentre i giornali si colmano fino alla nausea di tali cose sfuggevoli, ritenute dai non molti lettori questioni persino epocali, gli italiani se ne stanno là, a cercar di leggere tra le stelle. E un quotidiano - inteso come vivere d'ogni dì, ma anche come giornale del mattino - che non serve pure a legger l'infinito, è solo chiacchiericcio. Mentre presume di parlar dell'Italia, fissa il proprio ombelico. Il contrario sarebbe alzare gli occhi alle stelle. Anche le notti dopo san Lorenzo.
Cosa abbiamo chiesto al cielo stanotte? Abbiamo tirato la testa indietro e su davanzali, viottoli sul mare o piazze italiane, abbiamo fissato un cielo diffuso di miriadi di stelle. Le scie cadenti che desideri hanno mosso? Credo che nel silenzio di un attimo, in mezzo ai rumori dell'estate, i connazionali abbiano espresso desideri profondi.
Certo, non sono mancate le richieste di beccare un sei o qualche altra combinazione vincente per diventare milionari. O auspici per il calo delle tasse. Ma se mai si potesse fare un sondaggio dei desideri muti sotto la volta stellata (e per fortuna almeno questo sondaggio non si può fare) si vedrebbe che quei desideri puntano al sodo. Che non è il denaro, o la fama, ma l'eterno. Una geniale storia della parola "desiderio" la lega alle stelle,
de-sidera. Come se qualcosa ci legasse sempre a quello spettacolo taciturno e imperioso. Il desiderio è sentirsi tirati là, in quella sperduta altezza. Per la tradizione il fenomeno delle stelle cadenti è legato al mistero della morte e della fine. Sotto le stelle chiediamo che non finiscano certi amori.
E Giovanni Pascoli, com'è noto, ritrasse contro il cielo piangente di san Lorenzo la scomparsa improvvisa e tragica del padre. Aveva nelle orecchie, il poeta della Romagna sospesa tra il delirio di vasti cieli, un proverbio di quelle parti che dice: quando una stella cade un'anima sale in cielo. E noi, dunque, che anime abbiamo desiderato siano là, nel "per sempre"? Quelle dei cari, certo. E poi quelle rese care, per così dire, dalle notizie che ci hanno colpito quest'anno. Forse, lievi, prima abbiamo affidato quelle dei piccoli che hanno trovato la morte nelle mani delle loro madri, grandi sciagurate. Poi quelle degli italiani perduti dentro a stragi in cui non c'entravano niente, all'estero per lavoro o per turismo. E poi l'anima di ragazzini fermati nel fuoco incrociato all'interno del rione. E di quelli prede di assassini truccati da demoni. E così, allargando a dismisura il cerchio, abbiamo compreso tutti coloro che ci hanno lasciato quest'anno - ognuno pensando ai suoi, e a chi gli veniva in mente. Formando per una notte una strana Italia dei vivi e dei morti contro la volta stellata.
Ma di questo Paese reale e stellare, chi si occupa davvero? Di un tale desiderio che non finisca la vita, chi si prende cura? In questi giorni si parla molto, sui giornali, di lotte di potere, palesi e occulte. E della salute del Paese. Un tempo, la sanità di una nazione si valutava anche dal rapporto che aveva coi suoi morti, eroi o no. Con il senso dell'eterno.
Ora i parametri sono altri. La credibilità dicono si giochi intorno a faccende di banche, di finanza. Con gran sciupìo di parole vuote e di ipocrisie. Uno spettacolo rivoltante. Come se l'Italia fosse solo questa piccola giostra di padroni e padroncini, e di salotti in città o vista spiaggia. A ritrarci così - dentro e fuori i confini - concorre un mondo dei media invaso da chiacchiera e scandalismo. Che si tratti della sorte della Banca d'Italia o delle feste a Cala di Volpe, tutto si perde in uno sminuzzamento, in poltiglia. In un'ansia da polemicuzza a cui dan fiato esponenti d'ogni risma, pur con ruoli diversi: giornalisti, politici, imprenditori, magistrati. Ho il sospetto che mentre i giornali si colmano fino alla nausea di tali cose sfuggevoli, ritenute dai non molti lettori questioni persino epocali, gli italiani se ne stanno là, a cercar di leggere tra le stelle. E un quotidiano - inteso come vivere d'ogni dì, ma anche come giornale del mattino - che non serve pure a legger l'infinito, è solo chiacchiericcio. Mentre presume di parlar dell'Italia, fissa il proprio ombelico. Il contrario sarebbe alzare gli occhi alle stelle. Anche le notti dopo san Lorenzo.