Sunday, June 18, 2006

 

FARSE ITALIANE

Vittorio Emanuele: «Sono innocente»


di STEFANO SECONDINO POTENZA — Cortese, tranquillo, un po’ provato, ma sereno. Non ha perso l'aplomb regale Vittorio Emanuele di Savoia, anche nell'ambiente tutt'altro che principesco del carcere di Potenza. L'uomo che poteva essere re ha mostrato a tutti nervi saldi. E un pizzico di distacco dal pantano nel quale è finito. Un distacco che non gli ha impedito tuttavia di proclamarsi «assolutamente innocente estraneo a tutte le accuse» durante il colloquio in una saletta del carcere con i suoi legali che lo hanno descritto animato da «spirito battagliero». L'arresto è avvenuto intorno alle 15.30 dell’altro ieri a Varenna, amena località sulla sponda lecchese del lago di Como. I poliziotti della questura di Potenza erano in Lombardia già dalla mattina, e hanno bloccato il principe subito dopo il pranzo a Villa Cipressa. Vittorio Emanuele ha ascoltato esterrefatto i capi di imputazione. Poi, senza perdere la calma, è salito sulla Punto dei poliziotti. Le due auto della questura di Potenza («piuttosto vecchiotte», ridacchiavano gli agenti) sono partite intorno alle 17. La ridotta cilindrata della Punto ha rallentato di molto la corsa giù per l'Italia. Le auto hanno impiegato ben dodici ore a raggiungere Potenza, con numerose soste. Il principe si è sempre mostrato cortese e tranquillo, e si è rinfrescato con numerose bottiglie di birra. Le auto sono arrivate in vista del capoluogo lucano alle cinque del mattino. Nel tentativo di difendere la privacy, i poliziotti hanno coperto i vetri della Punto con i giornali. Davanti al carcere potentino, il principe ha trovato fotografi e cameramen esausti per la notte d'attesa. Gli autisti della polizia hanno sfogato le ultime energie con una manovra da film per bloccare i paparazzi, mentre l'utilitaria arrancava dentro la casa circondariale. Il figlio Emanuele Filiberto ai giornali ha parlato di una macchia sospetta al polmone, ma ieri mattina il padre ha minimizzato la cosa con i sanitari. Il principe è stato cortese con tutti: nessuna alterigia, molto bon ton nobiliare. Appariva sereno, il direttore gli ha domandato se voleva leggere, lui ha chiesto libri di storia e di aeronautica. In cella è finito con un altro detenuto. Non è in isolamento, ha diritto a due ore d'aria al giorno. Ma fino a martedì prossimo, quando ci sarà l'interrogatorio di garanzia con il Gip, non potrà ricevere visite. La moglie Marina Doria e il figlio Emanuele Filiberto per questa ragione non lo hanno raggiunto a Potenza e sono rimasti a Ginevra. Nel capoluogo lucano è arrivato solo il segretario di Valori e Futuro, l'associazione voluta da Emanuele Filiberto, Filippo Bruno di Tornaforte. Si è dannato per tutta la mattina per trovare le medicine da mandare al principe in cella, non sapendo che Vittorio Emanuele aveva già detto al medico del carcere di non averne bisogno. A pranzo il Savoia ha assaggiato in cella il vitto ministeriale: pasta, carne con verdure e frutta. Nel primo pomeriggio si è sottoposto ad una nuova visita medica. In infermeria Vittorio Emanuele ha ricevuto la prima visita, quella dei consiglieri regionali della Basilicata di Forza Italia Franco Mattia e Sergio Lapenna. «Sono fiducioso nella magistratura e sono convinto che riuscirò a dimostrare la mia innocenza», ha detto pacato ai due esponenti politici. Vestiva in jeans e polo azzurra, e non ha dimenticato di lodare la professionalità del personale del carcere. Dopo la visita, il principe è tornato in cella a riposare. Oggi cominceranno per lui i colloqui con gli avvocati. Poi, martedì, ci sarà l'interrogatorio di garanzia col Gip.

domenica 18 giugno 2006

Il principe e i suoi
Ugo, Rocco e Nicolino: la gang del telefono
Sesso, parolacce e voglia di potere, ecco i coprotagonisti della Banda Savoia

Soldi, sesso, Savoia. Videopoker, videogiochi, mazzette, ragazze a pagamento (in casi disperati cercate tra gli annunci della rivista Aladino), inciuci illegali di ogni genere, macchinoni che vanno su e giù per l’Italia guidati da uomini che si dicono di tutto al telefonino. Uomini ora in carcere e presunti innocenti fino a condanna definitiva. Però, onestamente, a leggere le duemila e più pagine dell’ordine di arresto, non tanto presentabili. Una Banda Savoia da commedia d’altri tempi: Febbre da cavallo oppure Il vedovo con Alberto Sordi (quando il segretario di Vittorio Emanuele, Nicolino Narducci, si lamenta «la principessa mi ha detto che sono una testa di cazzo » si ripensa con affetto al segretario maldestro e maltrattato di Sordi, quello di «che fa marchese, spinge? »). Comunque—la dinastia persegue la sua passione unificante — una banda pan-italica in cui ogni area del Paese è rappresentata: c’è un veneto, un piemontese, un siciliano, un calabrese romanizzato. Accomunati, Savoia incluso, dal turpiloquio da cellulare intercettato (quello accomuna tutti; certo Moggi&C. lavoravano a ben più alto livello, certo i furbetti del quartierino sembravano il Circolo di Vienna, al confronto) e da condivise aspirazioni al guadagno. Insomma, oltre al principe, c’erano:
L’IMPRENDITORE — Ugo Bonazza, 62 anni, veneziano. Tarchiato, stempiato, con Bmw 730 e moglie proprietaria di un’azienda di cosmetici. Molti viaggi poco chiari, molta disinvoltura con le meretrici (in almeno tredici intercettazioni trova ragazze per il principe). Ha conosciuto Vittorio Emanuele in vacanza sull’isola di Cavallo. Le comuni frequentazioni lo rendono il più disinvolto della banda («principe, sono Ugo. Disturbo?»), anche nel dare direttive: «Avrei bisogno... di un generale della Finanza, perché c’è un grosso affare». Vittorio: «Un carabiniere o una fiamma gialla?». B.: «Fiamme gialle, Fiamme gialle ». V.: «Sarà fatto». E’ lui a coordinare molti affari e a presentare al principe Rocco Migliardi. Il principe lo prende in giro perché non sa usare le catene da neve.
IL CAVALIERE — Rocco Migliardi, 53 anni, messinese, l’altro tarchiato, è definito dagli inquirenti «soggetto legato alla criminalità organizzata» e «punto di riferimento» del gioco d’azzardo. Di primo lavoro, spiega al telefono, «io faccio le macchinette » (mangiasoldi) con nomi tipo Cleopatra, Corsaro, Magic Bomb. Diventa promotore occulto del casinò di Campione, incaricato dal gruppetto di portare forti giocatori. Vittorio Emanuele lo nomina cavaliere dell’ordine di San Maurizio e Lazzaro; lui chiama felice il figlio da Aix-les-Bains: «Siamo in un salone qua bellissimo! Il principe si è seduto con noi, gli ho presentato la mamma... Fotografie, lusso, principi, conti, baroni, un manicomio!... Mi sono fatto le fotografie sai, tutto vestito con la veste rossa». Anche Migliardi viaggia per affari, e va in Cina. Descrive a Bonazza un vantaggioso traffico di cellulari e tv. Bonazza ha qualche curiosità culturale: «Ma è buona la figa cinese?». Migliardi condivide l’interesse: «Voglio tutta figa io. Il viaggio lo voglio accompagnato con la figa, a me non mi interessa di più».
L’UOMO MISTERIOSO — Achille De Luca, 48 anni, calabrese di Roma, bel tipo curato, descritto come un «personaggio inquietante e dal passato pieno di misteri (pluripregiudicato, è già imputato per associazione a delinquere, truffa e bancarotta fraudolenta) »; ha talento nel comunicare. Con pubblici funzionari (è lui a tenere contatti con dirigenti del Monopolio di Stato), pubblici ufficiali (è «stato in grado di... eludere sistematicamente i controlli che precedono l’imbarco negli aeroporti») e con i romani mondani. Organizza una cena col principe e alte cariche civili e militari a casa di una nota anchorwoman. È molto contento quando gli dicono che c’è una sua foto con Vittorio su Chi. Cerca casa a Roma per padre e figlio Savoia, anche tra immobili sotto sequestro dell’Antimafia. Cerca di rifilare a Emanuele Filiberto una casa al Trionfale, ma lui vuole il centro storico, o Trastevere, o perfino Prati, basta che sia «con la terrazza».
IL FACTOTUM — Gian Nicolino Narducci, 63 anni, piemontese, fa il rappresentante di vino (spiega «non so, con sessanta bottiglie diamo ventiquattro bicchieri in omaggio più dodici bottiglie, con novanta bottiglie...»). Ma più che altro è impegnato col principe (sgridato perché ha scordato un dischetto compromettente del pc, rabbonisce Vittorio dicendo «glielo porto venerdì così le porto anche l’aspirapolvere e il battitappeto»). Benché bistrattato, si preoccupa per il suo capo («non deve fare delle cose con delle macchinette, mica... è meglio che si tolga da queste cazzate qua!»). Al cellulare parla troppo. Ogni tanto grida «viva la gnocca!», per condividere gli interessi della Banda Savoia, probabilmente.
Maria Laura Rodotà
20 giugno 2006

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